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2000 - luogo della gita

PRIMO GIORNO

Dopo giorni di preparazioni tecniche tra decisioni, liste, cartine, percorsi, ecc… ecco arrivare domenica 25. Nel piazzale Kennedy della città di Varese, sei prodi ragazzi e quattro ottimi accompagnatori, caricando gli zaini in macchina, si preparano a partire per cinque giorni di avventura tra le montagne svizzere, fermandosi in rifugi incustoditi. Mezzi assonnati ci ritroviamo catapultati nei caratteristici paesaggi ticinesi, fatti da paesini da cartolina, lussureggianti boschi, e il riconoscibile postale giallo. Parcheggiate le macchine eccoci scesi a Spruga, paese a 1113m di altezza, da dove inizierà il nostro viaggio. E ora si parte: ci siamo tutti, noi dieci più i tre amici che ci accompagnano sino alla tappa del pranzo. L'umore è alle stelle, il tempo è buono, la compagnia delle migliori: non manca il nostro grande Stefano, che ci omaggia di una bottiglia di vino, e il mitico Marco, fotografo ufficiale, che stranamente non indossa la sua famosa e pesante camicia di flanella. Dopo soli venti minuti di cammino si fanno sentire la pendenza del sentiero e la pesantezza dei nostri zaini. Salendo, il fascino dei penetranti occhi azzurri del playboy Marco colpisce un'innocente nonnina in villeggiatura a Pian Secco, che dopo un attimo di sbigottimento, ride e scherza con lui come se fosse un vecchio amico. Con passo tranquillo e qualche benefica sosta per un respiro e il capo che incita la truppa, eccoci arrivati dopo un'ora e tre quarti all'Alpe Pesced (1778m). E qua si posano gli zaini, ci si disseta ad una fontanella e si inizia ad alleggerire il carico. Riparati dalla baita dell' Alpe da un vento fresco appena alzato, notiamo che da lontano si avvicina uno strano personaggio… Quest'uomo si presenta in una veste appariscente e alquanto stravagante: un ombrello rotto in mano, una folta barba rosso carota, un paio di occhiali anni' 60 ( come la sua età ), e un tocco di signorilità simboleggiata da un girocollo d'oro .Ma dato che siamo tutti amici , i capi hanno attaccato bottone con lui , scoprendolo il proprietario della baita ; tra la cordialità , due parole e un bicchiere di grappa , il pastore ci racconta alcune cose , rendendosi un personaggio ancora più interessante. Ci racconta di possedere un centinaio di animali tra capre e pecore ; gli chiediamo quindi se le porta a pascolare all' Alpe Salei , ma l'uomo risponde che l'alpe, destinata un tempo al pascolo , è stata abbandonata ormai da tutti , poiché non esiste più quella tranquillità che la montagna donava alle bestie e ai suoi pastori. Questo ci fa ricordare che qui siamo solo degli ospiti e che quindi dobbiamo rispettare nel migliore dei modi questo ambiente .Siamo inoltre stupiti dal fatto che quest'uomo cosi' particolare abbia visitato luoghi lontani e straordinari ( Katmandu in Nepal e il campo base dell' Everest) . Alle 13:30 zaini in spalla e si riparte verso la meta , "abbandonati " dai nostri tre amici .L' amico pastore ci aveva suggerito di prendere il sentiero alto per giungere al Passo del Buson (versante est del Munzelun): credendo di aver individuato il sentiero giusto , non ci siamo accorti che in realtà ce n'era uno più in alto . Il percorso da noi intrapreso era caratterizzato da una lastrificazione di grosse beole larghe in stile romano , costeggiato da alcune cabine per prese d' acqua (N.B. tornare indietro e puntare verso il sentiero più alto). Continuando imperterriti per il sentiero , ci siamo ritrovati tra una distesa di rododendri e nessun percorso che continuava ; ma c'è sempre un modo per cavarsela , no?! Cartina , bussola, buon senso , tutto quel che serve per uscire dai guai ; individuata la bocchetta da raggiungere , con forza e coraggio intraprendiamo una ripida salita tra erba , rododendri e una rana che saltando ha spaventato la nostra "cuoca" Giuly . Raggiunto il Passo del Buson a 2006m, ci concediamo un po' di riposo ; finalmente la salita è finita ! Scherzando e ridendo osserviamo il paesaggio circostante , scoprendo la bellezza dell' Alpe e del lago del Salei , situati a est. E dopo aver affrontato una salita di circa 900m di dislivelllo , siamo pronti per scendere in Valle Vergelletto per altri 300m, fino a raggiungere la meta finale della giornata . Scendiamo quindi silenziosamente per un lungo canale dove osserviamo con grande ammirazione tre splendidi camosci ; continuando il cammino , notiamo una cava e tutti commentano che anche in montagna l'uomo riesce a rovinare stupendi paesaggi. La sosta successiva avviene a Piéi Rochéi (1775m) dove studiamo i percorsi dei giorni successivi . E poi via, fino all'Alpe Arena e alla capanna omonima (1689m), dove passeremo la notte .Via gli scarponi e dopo un meritato riposo , cominciamo a sistemarci per la serata . Ci dividiamo " equamente " i compiti ; chi sistema la camera , chi prepara la cena , chi apparecchia la tavola , chi accende il fuoco , e chi si dedica a disturbare gli altri ( lavoro molto impegnativo) .E' l ' ora della pappa ; pasta con sugo piccante , wursteloni , fagioli , albicocche e caffè. E dopo cena bisogna ancora lavare i piatti : il volontario c'è ( Duccio) , mentre Chiara stende i panni umidi davanti al camino e gli accompagnatori si prendono il meritato riposo; noi due ( Sara e Dania ) , completato il libro della capanna , cerchiamo di completare ottimamente questo resoconto. Dopo la camomilla tutti a nanna , sperando che domani le spalle siano meno doloranti e la fatica sia più sopportabile . CONTINUA…..

 
 

SECONDO GIORNO

…..Dalle montagne si alza il sole, una mina detona dalla vicina cava , tutti si svegliano ,chi perché stanco dall'assordante concerto … ronf ronf .., e chi perché svegliato da scherzi e schiamazzi a cui capo cero io ( Duccio ) . Notare : sono le 6:30 , ma la sveglia è puntata per le 7:30 . Rassegnati , i capi si recano in cucina a prepararci un' abbondante colazione , mentre si levano lamentele a causa di Marco (Forni ) che per mantenere la sua reputazione di " cuccadores " si è chiuso in bagno mezz' ora per farsi la barba . Dopo aver mangiato e bevuto …. Tutti pronti a sistemare il rifugio e a preparare gli zaini , e ,una volta pronti , ci siamo incamminati per andare alla capanna Ribia ( 1996m) .Dalla capanna Arena ( 1689m) , siamo scesi per un sentiero attraverso i boschi della zona protetta dell' Arena e, dopo aver attraversato diversi ponti , siamo giunti a quota 1126 ( Piano delle Cascine ) per poi percorrere una strada sterrata fino a Piei (1089m) ,piccolo agglomerato di baite da cui partiva un ripido e impegnativo sentiero . Arrivati all'Alpe del Pianaccio (1587m) abbiamo sostato , dove una bella mangiata e un meritato riposo ha dato al gruppo un valido motivo per continuare ; ma non contenti di ciò , altre soste hanno accompagnato la nostra scarpinata fino alla meta e, in una di queste, finalmente qualcuno (Chiara ) si è accorto che in alto sventola una bandiera svizzera, segno evidente della nostra meta, la capanna Ribia. Ecco, finalmente la meta sembra praticamente raggiunta ma …purtroppo tutto questo è una piacevole illusione e messi in spalla gli zaini, affrontiamo l'ultima parte del sentiero. La voglia di raggiungere il rifugio supera la stanchezza, tutto e tutti, aiutati, chi dalle racchette, chi soprattutto dal proprio orgoglio raggiunge il simbolo che aveva acceso il nostro entusiasmo. Evidente dimostrazione di ciò è l'atteggiamento di Duccio che, appena arrivato, bacia le pietre davanti al rifugio. Il panorama è unico, meraviglioso; la stanchezza tanta, ma nulla in confronto alla gioia che invade i nostri animi. Le incombenze sono le solite e, dopo aver portato a termine la propria, ognuno dà una mano agli altri o sfrutta questi momenti per cominciare a rilassarsi. Il tempo è abbondante e tutti se la prendono con una certa comodità; noi ragazzi cominciamo subito col sistemare i letti e il nostro chef si appresta a preparare la cena. In confronto a ieri sera c'è una novità in più, infatti, mentre noi ragazze stiamo imbandendo la tavola, i boys dedicano alla costruzione, nella camera da letto, di un separé tra la nostra zona e quella dei capi. La funzione è facilmente immaginabile (contenere le russate), ma l'utilità lascia a desiderare. L'ambiente è veramente straordinario e la compagnia è inimitabile; la cena a base di minestra d'orzo e piselli è ottima. Diverse sono le proposte di come trascorrere la serata, chi vorrebbe giocare a carte, chi lasciarsi trasportare dai canti di montagna e chi addirittura vorrebbe farsi un giro sul crinale per ammirare il panorama. Il buio non è ancora sceso e la visione che si ha dal rifugio e a dir poco stupenda ! Grazie ad un leggero venticello è possibile osservare un singolare paesaggio illuminato da un tramonto che regala una fantastica atmosfera. La capanna ci offre un'idea di maggiore intimità rispetto a quello di ieri sera. Il Ribia infatti rispetto all'Arena è di dimensioni minori e più rustico e sono proprio queste le caratteristiche che lo rendono particolare. Unica cosi è la giornata che sta volgendo al termine. I capi, come prevedibile, si recano a letto prima di noi ragazzi che ancora nella stanza della cucina stiamo trascorrendo gli ultimi momenti della giornata. Nessuno vuole ammetterlo ma siamo veramente stanchi, altro non ci rimane che raggiungere i nostri accompagnatori. Buona notte a tutti e a domani!

TERZO GIORNO

Sono le 6:30 del 27 giugno e sempre in anticipo della sveglia ci siamo alzati dopo una notte tormentata da rumori e odori di provenienza ignota a causa della cena a base di legumi, comunque nonostante la magra dormita ecco un abbondante colazione, che ci ha ridato la carica necessaria per affrontare la giornata. In poco tempo abbiamo eseguito la palese routine prima della partenza: pulire il rifugio, risistemare i letti e distribuire i carichi negli zaini. Osservando il percorso sulla cartina non ci pareva particolarmente impegnativo ed eccoci partire dalla capanna Ribia a 1996m verso la capanna Alzasca 1734m; ancora ignari della marcia che ci attendeva. Sono le 9:00 "E TUTTO VA BENE"; il capo parte verso la croce vicina al rifugio per mostrarci il panorama, il percorso fatto il giorno precedente e il nuovo percorso. Riprendiamo "la retta via" in direzione nord - est fino a superare il costone roccioso (2090m). Dopo un paio di soste e alcuni metri di dislivello giungiamo alla prima tappa; il famoso "uomo tondo", ribattezzato da noi "uomo obeso". Dopo aver ripreso fiato con una breve sosta finalmente si scende !!! Ci siamo abbassati di circa 100m fino ad arrivare sopra all'alpe di Categn a metri 1874 da cui abbiamo osservato i vari percorsi da poter prendere per poi decidere di salire a 2153m per poter attraversare la bocchetta del Molineira. Da qui a inizio la parte dura del percorso che nessuno di noi si aspettava, neanche il capo. Salendo per il ripido prato, seguendo alcune tracce di percorso che spesso scomparivano, lasciandoci scarpinare tra i ciuffi d'erba e le pietre, abbiamo continuato a dirigerci verso la meta che sembrava irraggiungibile soprattutto a causa dell'asprezza del terreno e della tensione che cominciava a prendere anche chi tra noi era famoso per i nervi saldi. "Ormai mancano pochi passi, qualche metro e il più è fatto", questo pensavano i nostri eroi prima di scoprire cosa li aspettava al di la della bocchetta: una scarpata troppo ripida, un canalone pieno zeppo di pietre che stavano aspettando solo noi per rotolare a valle, così onde evitare guai, rischi e pericoli inutili, si decise di scendere con l'ausilio di alcune corde; nell'aria volarono corde, cordini, moschettoni, consigli e grida di allarme quando cadevano dei sassi. Finalmente la parte faticosa del viaggio era veramente finita e dopo un breve e ritardato pranzo siamo ripartiti alla volta della capanna. Tra i pascoli abbiamo trovato il lago d'Alzasca e li vicino, poco prima di costeggiarlo, abbiamo incontrato un gruppetto di mucche al pascolo attentamente sorvegliate da un grosso toro nero. Passato il lago ci ha atteso una dolce discesa che ci ha portato alla conquistata capanna Alzasca (1760m).

 
 

QUARTO GIORNO

E un altro giorno si affaccia all'orizzonte; ma mentre la maggior parte di noi riposa ancora tra comodi guanciali, Maurizio è già all'opera. Il profumo della colazione richiama noi ragazzi; la compagnia è ormai al completo e la stanchezza della giornata precedente viene subito dimenticata grazie ad una grossa fetta di pane e nutella. Questo però è il giorno di riposo; non abbiamo nessuna fretta e, approfittando di una schiarita, possiamo dedicarci a molteplici occupazioni: c'è chi lava magliette, chi si lava, chi ozia pacificamente sui letti. Il tempo trascorre velocemente, e l'ora del pranzo giunge propizia; quanto sembra più gustosa una pastasciutta dopo aver faticato tanto! Ma, come ormai saprete, la montagna riserva spesso delle sorprese: le previsioni dei capi si avverano e la pioggia ritorna copiosa. Fortunatamente siamo al caldo e, per passare il tempo, iniziamo una lunga serie di partite a carte; intanto Dania si mette all'opera , decorando abilmente le bandane , mentre i "capi" si godono un meritato riposo. Il cielo si riapre, il sole scalda le pietre, tutti sono svegli; occasione favorevole per ripassare i nodi e per affrontare un'ipotetica discesa in cordata. In realtà ci siamo legati a turno alla tettoia della capanna, sempre in completa sicurezza; dopo risate, scivolate e piccole lezioni (ad esempio come usare un discensore) sentiamo voci provenire dal bosco. Altri escursionisti ci avrebbero raggiunto da lì a poco; due bambini con i genitori, che scopriremo provenire da Vergelletto, bagnati per l'acquazzone pomeridiano. Ma la fame arriva quando meno si fatica e così, un'altra confezione di legumi viene sacrificato al pio altare della cena: nonostante questo, abbiamo ancora voglia di punzecchiarci a vicenda, creando una generale agitazione, che soltanto un richiamo del boss può far scemare. Le bocche si chiudono sotto abbondanti cucchiaiate di minestra, fette di salame e caffè. Tutto ritorna tranquillo e un certo rammarico si fa sentire, accorgendosi che domani è l'ultimo giorno; non tutti sono felici di tornare a casa e si cerca di attardare l'ora della "nanna". Domani dovremo alzarci presto affrontare una discesa di circa 4 ore, che affaticherà le nostre ginocchia. Ormai sono quasi le undici e siamo tutti contagiati da una serie di sbadigli: un ultimo sguardo al panorama e poi via tra le braccia di Morfeo.

ULTIMO GIORNO

In linea con tutti gli altri giorni, anche stamattina ci siamo alzati decisamente presto e, dopo colazione, abbiamo preparato gli zaini per l'ultima volta; il peso è nettamente diminuito, avendo soltanto il pranzo per la giornata. Partendo dal rifugio abbiamo salutato la famiglia, che sarebbe rimasta in capanna, quindi ci siamo incamminati per un sentiero che attraversava un bosco, ancora bagnato dalla giornata precedente; il paesaggio è rimasto invariato per tutto il tragitto ma dopo un'ora abbiamo incontrato i primi segni di civiltà; una serie di baite che erano dotate di ogni comfort moderno, mentre i loro proprietari erano intenti a ristrutturarne una, sempre nel pieno rispetto dell'ambiente. Essendo in anticipo sul programma, ci siamo fermati a parlare con un signore, che gentilmente voleva offrirci qualcosa e che si è congratulato per il nostro giro escursionistico. Proseguendo per il nostro cammino, abbiamo trovato una cappelletta costruita ai primi del secolo per offrire rifugio a chi, come noi, passava per il sentiero. L'ultima grande impresa è stata quella di attraversare un ponte , più di trenta metri di acciaio sospeso sul fiume: per ripagarci di tutti gli "sforzi" fatti, ci siamo concessi un bagno (solo io e Chiara però) aspettando l'arrivo dell'autobus, che ci avrebbe riportato alle nostre macchine. Questo è tutto amici; speriamo di non avervi annoiati troppo nel nostro racconto; perdonateci se talvolta abbiamo usato espressioni poco tecniche o addirittura gergali; nonostante tutto, crediamo fermamente che questo sia stato un modo per far conoscere a tutti l'attività estiva dell'Alpinismo Giovanile.

BACIONI Marco, Andrea, Duccio, Chiara, Dania, Sara Maurizio, Marco, Giuliana, Angelo

 



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