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Renato Casarotto

 

Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro vi sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi,
il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso:
porto tutto me stesso, nel bene e nel male.

(Renato Casarotto)
 




Renato Casarotto, alpinista vicentino, ama la ricerca e l'esplorazione.
Metodico, posato, timido ma animato da un inesauribile fuoco interiore, è dotato di resistenza, pazienza e costanza straordinarie.
Ha al suo attivo notevoli imprese sulle Dolomiti Orientali, ama le ascensioni in solitaria assistito soltanto dalla moglie Goretta al campo base. I l 21 giugno 1977, dopo 17 giorni in parete, vince la nord dell'Huascaran, nel 1978 la sud del Mount Watkins, nel 1979 il pilastro NNE del Fitz Roy.   Tenta e fallisce, (al seguito della Spedizione Messner) la "Magic Line" del K2 e il Makalu nella stagione invernale.
Ma nel 1982 (dal 1 al 15 febbraio) realizza in solitaria un'impresa grandiosa, la "trilogia del Freney"; Senza contatti e senza rifornimenti intermedi sale in ordine la Ovest dell'Aiguille Noire de Peutérey per la Via Ratti-Vitali, il Pilastro del Pic Gugliermina per la Via Gervasutti-Boccalatte e il Pilone Centrale per la Via Bonington, Renato non conosce questi itinerari, e sorpreso da una violenta bufera forza l'uscita in vetta al Monte Bianco.
In seguito si trova a risolvere problemi al limite delle possibilità umane, affronta la roccia in ogni condizione, considerato un grande maestro "della stagione fredda" vince pareti incrostate di ghiaccio in progressioni rischiose ed esasperanti.
I suoi successi si susseguono, nelle Alpi, in Karakorum, in Alaska, fino a ritornare nel 1986 al K2 nel tentativo di risolvere l'ambitissimo "problema himalayano, la macic line".
Dopo vari tentativi, combattendo contro vento, neve e ghiaccio a quote proibitive, a solo 300 metri dalla vetta (dev'essere arrivato circa a quota 8300) decide di rinunciare definitivamente.
E' il 16 luglio 1986 quando Renato scompare in un crepaccio a soli 20 minuti dalla tenda.




1272/74 Marco Polo nel suo viaggio verso la Cina passa vicino al Karakorum.
1909 Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi (11 alpinisti) scoprirono la più importante via al K2 giungendo a quota 6.250m circa.
1938 Charles S. Houston (6 alpinisti) primo grande tentativo alla vetta raggiungendo quota 7.925m.
1939 Fritz Wiessner (6 alpinisti) raggiunsero quota 8.380m perirono 4 persone.
31 luglio 1954 la conquista; capo spedizione Ardito Desio, arrivarono in vetta Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, contribuirono alla riuscita Walter Bonatti, Erich Abram, Pino Gallotti, Ubaldo Rey, Ugo Angelino, Cirillo Floreanini, Guido Pagani, Gino Soldà, Sergio Viotto e Mario Puchoz il quale morì per edema polmonare il 21 giugno durante la scalata al secondo campo, e non ultimi il gruppo di "hunza", gli uomini della montagna.


……………Dappertutto crepacci, una vera ragnatela e minacciose seraccate…una lunga striscia irregolare di ghiaccio, il passaggio di una valanga… tra ripidi e bianchi pendii, l’accesso alla “Magic Line".
A un certo punto ho l’impressione di vedere un puntino, che si muove, veloce………il puntino è piuttosto una virgola, è qualcuno che sta scendendo. Velocissimo. E’ diretto verso la seraccata sopra la testa di roccia, da cui, in mezz’ora, dovrebbe arrivare qui, al campo base.
Che sia Renato? Adesso la virgola si muove in senso quasi orizzontale. Ma, improvvisamente, fulmineamente scompare. Come svanita.
Mi sfrego gli occhi. Torno a guardare. Nulla, più nulla. Ho per caso sognato?…………………

Corriamo fra i sassi, nel crepuscolo incipiente. Agostino tiene in mano il Walkie-talkie e mentre sale continua a parlare con Renato………
E’ sicuramente in una situazione orribile, probabilmente ferito, in fondo ad un crepaccio. E allora Agostino gli dice che fra poco non sarà più solo, che stiamo correndo da lui, per aiutarlo… veloci per quanto si può esserlo a 5000 metri. Saliamo inciampando, ansimando, finalmente raggiungiamo il bordo del ghiacciaio- anche i minuti contano………… Renato è passato esattamente sulla traccia già segnata, sopra un ponte che ha ceduto. Ancora cinque minuti e sarebbe stato alla fine del ghiacciaio……… E’ un crepaccio ad “A” l’insidiosa forma tipica delle conche e dei ghiacciai pianeggianti, stretti in alto e sempre più larghi man mano che si scende………… Renato è fuori………E’ vivo. Vicino a lui restiamo Gianni ed io,………poco dopo Gianni illumina gli occhi di Renato. Non reagiscono. ………………

Da K2 Il nodo infinito
Kurt Diemberger






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