18-19 Luglio 2009 PIRAMIDE VINCENT - DUE QUATTROMILA PER UNA GITA

Negli ultimi anni, il mese di Luglio è stato, meteorologicamente, bello, stabile e abbastanza mite, garantendo la certezza di un’ascensione con il sole. Al contrario del mese di Agosto, piovoso e con poche finestre di bel tempo.
Tuttavia, è sempre possibile l’eccezione che conferma la regola. E il 2009 è stato uno di questi casi: un inverno regolare con abbondanti nevicate, un aprile piovoso, un luglio altalenante, un agosto che si mostrerà bello, caldo e stabile.
Quindi, che tempo aspettarsi per la gita più attesa nel programma escursionistico del CAI?
La metà designata è la Piramide Vincent, un 4000 nel gruppo del Rosa tecnicamente facile, fatto salvo lo sforzo di confrontarsi con la rarefazione dell’aria e l’attenzione da porre ogni qualvolta ci si approccia ai ghiacciai. I due rifugi sul ghiacciaio del Gastelet, il celeberrimo Gnifetti, sempre affollato, e il Mantova, ingrandito e molto confortevole, garantiscono una buona sistemazione per la notte. L’avvicinamento ai rifugi, da quando l’ormai datata funivia della Punta Indren è stata messa a riposo e sino a quando non sarà ultimata la nuovissima Funifor dal Passo Salati, non è più un proforma e anche il primo giorno, che prevede, una volta raggiunto il Passo Salati da Alagna con le funivie, la traversata dello Stralhorn con i suoi canaponi, la risalita alla Indren, l’attraversamento dell’omonimo ghiacciaio e le roccette prima del Gastelet, diventa una interessante e piacevole escursione sul filo dei 3000 metri. Sempre che la meteo sia stabile.
In realtà, la settimana precedente la gita, le temperature si sono abbassate notevolmente sotto la media stagionale, con venti forti e perturbazioni nevose su tutto l’arco alpino. Purtroppo, proprio a causa del cattivo tempo, in quella settimana tre alpinisti francesi, imboccando un canale di discesa sbagliato, sono periti sulla normale al Castore.
La meteo prevedeva una finestra di bel tempo proprio per il fine settimana designato, in prevalenza a partire da sabato pomeriggio. Il che significa, per l’alpinista affamato di 4000, variabile il sabato e bello la domenica, con neve dura portante. Le condizioni ottimali.
Alle 9.30, l’autobus lascia davanti alla funivia di Alagna 35 ardimentosi. Molti sono al primo 4000, un po’ reverenziali, tesi, impazienti di iniziare questa nuova esperienza. Alla cassa, ci dicono che al Passo Salati c’è bufera e che la funivia potrebbe temporaneamente chiudere. “Certo” pensiamo tutti “è la coda della perturbazione. Tanto, oggi pomeriggio cambia…”. Anche al Caffè del Passo Salati ci ricordano che c’è bufera. “Si, si, lo sappiamo, ma deve cambiare”. Non facciamo a tempo ad uscire dalla stazione di arrivo della funivia, che veniamo ricacciati dentro da folate di vento gelido, accompagnate da infarinate di neve fresca. Il cielo è plumbeo. Forse la coda è un po’ più lunga del previsto. Il dubbio si insinua. “Speriamo che cambi”. L’abbigliamento muta in un batter d’occhio, compaiono guanti, cappellini, pile, duvet. E si parte. Le roccette sono gelide e ricoperte da un velo di vetrato. Prima dei canaponi che agevolano la discesa sotto lo Stralhorn, Gianni, il capo gita, consiglia via radio di calzare i ramponi, c’è molto ghiaccio sulle rocce. Non li toglieremo più sino all’arrivo al rifugio. Con prudenza e attenzione tutti affrontano i tratti più delicati dell’itinerario. Così, alle 12.30 ci raduniamo alla vecchia stazione di arrivo della funivia di Punta Indren e proseguiamo in fila indiana sul Ghiacciaio di Indren, sferzati dal vento gelido e avvolti dal turbinio della neve. C’è un qualcosa di epico in tutto ciò e anche una così avversa meteo ha il suo fascino. Con la massima attenzione affrontiamo le ben conosciute roccette e siamo al Gastelet, con i Rifugi Gnifetti e Mantova ormai in vista: il vento non ci abbandona e appena siamo allo scoperto, la sua forza è tale che ci fa barcollare. Tuttavia il sole comincia a fare capolino: forse la coda del maltempo sta veramente arrivando alla fine. Il Rifugio Mantova è stato dotato da alcuni anni di un nuovo salone, caldo e confortevole, che ha reso questa costruzione decisamente più piacevole. Un solo, piccolo ma grosso problema: le toilette sono poste all’esterno dello stabile, per raggiungerle bisogna infagottarsi. E poi, non sono molto capienti e l’acqua scarseggia….
Siamo tutti infreddoliti e una buona minestra è l’unica cosa che desideriamo.
Inaspettatamente, il sereno torna rapido, cala il vento, le vette circostanti si prestano alla nostra meraviglia: il Bianco, il Castore, il Naso del Lyskamm, la Giordani e dietro, la nostra meta: la Piramide Vincent. Il pomeriggio, un po’ per tutti, trascorre veloce, nell’attesa della cena e di una notte che si vorrebbe passasse il più celermente possibile. Chi dormicchia, chi legge, chi gioca a carte. Qualcuno accusa un leggero mal di testa per la quota; preoccupato, viene istruito da chi di mal di testa ne ha già sopportati. Il tramonto sul Monte Bianco è uno di quegli spettacoli che ogni escursionista e alpinista vorrebbe annoverare nel proprio libro dei ricordi. Le sfumature rossastre del cielo contrastano con le rocce scure del massiccio, mentre una curiosa nube allungata sembra fumo sospinto dal vento fuoriuscente dalla vetta. Nel corso della notte il vento sibila ancora forte. L’impazienza, manco a dirlo, è per la meteo: sarà bello, potremo arrivare in vetta e godere del panorama? L’attesa si consuma alle 4.30, quando le sveglie degli orologi e dei cellulari cominciano a trillare. La testa è un po’ confusa, pesante. Qualcuno ha ancora mal di testa, qualcun altro nausea. Sono attimi di indecisione, di smarrimento. Poi si guarda fuori: “Si, ci sono le stelle, è sereno!” e siamo già belli carichi. Ma guardando a nord, là dove c’è la nostra vetta, le nubi tappezzano ancora il cielo. Però c’è vento, il barometro si è mantenuto costante dalla sera prima, quindi c’è speranza. Colazione veloce e siamo sul terrazzo del rifugio a preparare le cordate. E’ uno sferragliare di ramponi, picche e moschettoni, di fasci di luce di frontali che si incrociano e corde che si aggrovigliano o si incastrano tra nodi a palla e prusik. Alle 5.45 siamo già sul ghiacciaio. La consistenza della neve è perfetta, compatta. I ramponi prendono bene e i passi sono sicuri. I movimenti sono lenti, il corpo deve carburare, il respiro regolarizzare. Fa freddo, veramente freddo e il vento lo acuisce. Lentamente, le cordate si allungano e si confondono con quelle degli altri gruppi. Ognuna segue un suo ritmo, tranne la mia che essendo quella di chiusura, deve adattarsi agli altri: più tardi, i miei compagni avranno giustamente da lamentarsi per le continue soste, ma non posso farci granché: è lo scotto di essere vice-capogita! Superato il primo tratto ripido, ci troviamo con gli alpinisti che hanno pernottato alla Gnifetti: e lì, le cordate diventano una fiumana di gente. E’ la caratteristica meno alpina di questo versante del Gruppo del Rosa. Si prosegue all’ombra dei seracchi della parete ovest della Piramide Vincent, il sole non può fare ancora capolino: ma il cielo turchese sempre più terso ci galvanizza. Il secondo obiettivo di ogni gita, godere del paesaggio, non è più in discussione. Resta il primo obiettivo, quello principale, raggiungere la vetta. La temperatura è ancora molto fredda, sicuramente qualche grado sotto lo zero: qualcuno accusa freddo ai piedi, altri alle dita. Ma tutti sono decisi a proseguire e a non lasciarsi sfuggire il 4000. Arrivati nei pressi del plateau che porta al Passo Vincent, laddove le strade per la Capanna Margherita, per la Piramide e il Balmerhorn si dividono, finalmente veniamo invasi dal calore del sole: ed è già uno spettacolo. A sinistra, il triangolo perfetto del Lyskam orientale, il Castore, là in fondo in Bianco. E sopra di noi, controsole, la lunga colonna di alpinisti che si approssima alla cima desiderata. La fatica di camminare sul filo dei 4000 è palpabile, il cuore è un tambureggiare di battiti, il respiro affannoso, le gambe dure e pesanti. Resta solo la volontà e il desiderio di portare a compimento la propria ascesa. Ancora una mezz’oretta. Già le prime cordate lasciano la vetta e su altra traccia cominciano ad avviarsi verso il Balmerhorn, al Cristo delle Vette. Ecco il terzo obiettivo: raggiungere la vetta di due quattromila riconosciuti nel corso della stessa gita. Non è un obiettivo difficile, le cime sono l’una dirimpetto l’altra e quindi è quasi un dovere raggiungerle entrambe. Gianni, via radio, con il suo proverbiale “….allora, ci muoviamo…” ci esorta a raggiungere la vetta. Ancora un piccolo traverso ed il terreno spiana: l’insistente vociare ci annuncia la vetta, un largo plateau che accoglie comodamente tutti gli alpinisti. Abbracci, strette di mano, congratulazioni. Lo sguardo si perde a 360 gradi. La fatica si trasforma nella soddisfazione di aver raggiunto la vetta, di aver vinto i propri timori di non farcela, di aver trovato le risorse per perseguire l’obiettivo voluto. E un senso di svuotamento e di serenità; è sempre così, ogni volta. Ed è bello riprovare questo sentimento. Pochi attimi, qualche fotografia da mostrare orgogliosi e si scende veloci alla volta della nuova vetta. Alla fine, l’unico tratto veramente tecnico: qualche fittone infisso nella roccia agevola l’ascesa al Balmerhorn dove è stata collocata la Statua del Cristo delle Vette, recentemente restaurata. Tante targhe commemorative, a ricordo di tutti i caduti della montagna. Un minuto di raccoglimento e anche gli ultimi arrivati scendono per ricongiungersi al gruppo e proseguire di nuovo verso valle. Durante la discesa, abbiamo modo di guardarci intorno, restare estasiati dall’ambiente e ammutoliti nel vedere quattro alpinisti impegnati lungo la cresta est del Lyskamm. Sono solo le 10, ma è già tardi. Con passo deciso ripercorriamo la traccia di salita e poco dopo le 11.30 tutte le cordate sono di ritorno al Mantova. Una bella birra suggella la conclusione della parte alpinistica. Guardiamo sospirando la stazione di arrivo in costruzione della nuova funivia della Indren “…se fosse già in funzione…”. Ma tant’è, dobbiamo ripercorrere ancora i canaponi dello Stralhorn ed arrivare entro le 14 al Passo Salati, per prendere al volo la funivia che ci riporterà orgogliosi ad Alagna. Questa volta accompagnati dal caldo abbraccio dei raggi del sole.