ITINERARI ALPINISMO - TERRENO D'AVVENTURA: ROCCIA e GHIACCIO (clicca sulle foto per ingrandirle)
Itinerario percorso da Andrea Martinelli e Fabrizio Fabio (A.I.) il 17 Luglio 2005 (foto di Andrea Martinelli)
UNA BELLA E FACILE GITA NEL MASSICIO DEL MONTE BIANCO
LA CRESTA DI ROCHEFORT
Giovedì pomeriggio, arriva un messaggio sul cellulare: io e Alex andiamo a salire la Nord del Lyskamm, vieni anche tu?
Salto sulla sedia, come se mi fosse arrivata una scossa elettrica a 380 volts.
La Nord del Lyskamm è come un lenzuolo bianco che protegge una parete alta circa 800mt e larga un paio di chilometri, grandi alpinisti vi hanno posto la loro firma, altri invece si sono addormetati per sempre avvolti tra le sue pieghe. Per me è un sogno, una grande scalata.
Da un po' di gioni sono impegnato nella ricerca di una casa tutta mia, ed ho perso di vista l'andamento della meteo in alta montagna, quindi non ho presente se le condizioni siano buone o no; velocemte scarico i bollettini da internet e realizzo che potrebbero esserci delle ottime possibilità.
Inizio a contattare i miei soci abituali, ma uno dopo l'altro ricevo risposte negative; i più cortesi rimangono sul vago, ma dal tono della voce capisco che oltre ad altri impegni anche il timore di affrontare quella parete è grande, così il tempo passa inesorabile.
Dopo poco più di 24h dal messaggio, sento al telefono l'amico deciso a partire per il massiccio del Rosa, amaramente devo augurargli buona fortuna, certo che ce la faranno e che io perderò una grande opportunità, ma non la voglia e la determinazione di andare in alta montagna.
Dopo vari tentativi finalmente una risposta positiva, Andrea! Con lui ho fatto diverse salite tra cui il canalone Tuckett sul versante macugnaghese del Monte Rosa. E' un buon alpinista, ma non molto in forma attualmente causa postumi di ernia, così devo mantenere un profilo basso nella proposta di una gita.
Tra le decine di salite che vorrei fare, me ne viene in mente una che potrebbe fare al caso nostro: la Cresta di Rochefort, nella parte orientale del massiccio del Monte Bianco.
Sono circa 700mt di dislivello, dal rifugio Torino, stazione di arrivo della funivia che sale da Courmayeur fino a poco più di 4000mt dell'Aigulle di Rochefort e uno sviluppo di circa 2 chilometri.
L'idea di salire sul Bianco manda subito in fibrillazione la mente di Andrea, ma da esperto alpinista vuole tutti i dettagli della salita ed una franca opinione sulle sue possibilità di arrivare in vetta. Gli do la relazione e gli confermo che se non fossi convinto che è una salita alla sua portata nemmeno gliel'avrei proposta, come ho fatto con la nord del Lyskamm.
Sabato pomeriggio, appena dopo l'ora di pranzo mi ritrovo davanti alla tabella degli orari della funivia. Circa un'ora dopo usciamo dalla cabina e mi ritrovo su quella che era definita la "terribile" scala di accesso al rifugio. Terribile perchè vecchia di non so quanti anni, con gli scalini stretti e ravvicinati, molti rotti e con una pendenza tale che ti faceva venire il fiatone anche se eri allenato. Ora non è meno faticosa, ma è quantomeno sicura, con scalini grandi ed in acciaio.
In pochi minuti siamo sulla terrazza del rifugio a guardare lontano, il vento ci frusta il viso, ma la tranquillità di buone previsioni per domani mi rassicura. Sistemati gli zaini partiamo per il ghiacciaio del Gigante; il Dente si erge alto e imperioso davanti a noi. Alla sua base la lunga cresta di Rochefort, che dopo aver superato i 4000mt, continua la sua cavalcata fino a nascondersi dietro alle Grand Jorasses.
In un avvallamento troviamo una piazzola già pronta e dicidiamo di fermarci. Ci armiamo di buona lena e con una piccola pala costruiamo un bel muro nel tentativo di limitare i problemi causati dal vento ad una tenda non proprio alpinistica. Una volta eretto il nostro rifugio decidiamo di sgranchirci le gambe andando a visionare il percorso che domani faremo alla sola luce delle frontali.
Incontriamo diverse cordate, chi si prepara al campeggio, chi, come noi verifica il percorso e chi scende un po' contrariato a causa del vento forte che ha imperversato sul percorso per tutto il giorno impedendogli di arrivare in cima.
Capisco bene lo sconforto di chi mi passa accanto, magari avevano un sogno cullato da giorni o da anni… hanno speso soldi e fatica per essere "ribattuti" da una montagna che oggi non li ha voluti in vetta… ma lei non c'entra, li aveva avvisati, le mappe meteo davano vento e instabilità per oggi.
Durante la breve ricognizione, guardo ripetutamente il maestoso Dente e la cresta che dalla sua base si dipana verso Est; ho in mente la relazione e so che non è nulla di difficile, ma non ho ancora capito se la montagna ci vuole qui ora e se ci vorrà sopra di lei domani. Metto a tacere il mio neurone e gli impongo di stare in ascolto, la montagna ci parla attraverso il vento. A volte sembra che voglia schiaffeggiarci o voglia urlarci qualcosa, ma un attimo dopo si placa e ci accarezza le guance con dolcezza come farebbe una mamma che deve incoraggiare i suoi pargoli prima di una prova importante.
La cima del Bianco è immersa nelle nuvole, nuvole nere, sembrano quasi tristi, ma poco dietro la vetta l'ammasso finisce e in lontananza si apre il cielo azzurro, il vento soffia da lì, quindi domani dovrebbe essere bello.
Ritornati alla tenda tra una chiacchiera e l'altra prepariamo la cena e gli zaini. Durante la notte il vento continua a soffiare, a volte sembra che voglia traspostarci a valle con tutta la tenda, la paleria si piega sotto le potenti raffiche. Con il dovuto rispetto e timore mi infilo nel sacco a pelo e tento di addormentarmi. Il sonno viene disturbato più e più volte dalla voce del vento, forte e impetuosa, ma quando l'orologio inizia a trillare anche il vento è andato a riposare e la montagna si è assopita sotto una coperta blu con un'infinità di puntini bianchi.
In silenzio facciamo colazione ed iniziamo a salire; dopo circa 40 min siamo alla fine del ghiacciao ed il crepuscolo inzia a svegliare il gigante addormentato.
Alcune cordate sono davanti a noi, in breve tempo capiamo che non sono molto pratici di terreni instabili, dove se non ti muovi con la delicatezza di un gatto ad ogni passo rischi di smuovere sassi dalle svariate misure. A questo punto abbiamo due opportunità: seguirli molto da vicino oppure superarli. Preferisco la seconda, così decido di allontanarmi dal loro percorso e questo ci evita di trovarci sotto una pioggia continua di sassolini.
Giunti alla "gengiva", termine adattissimo anche se non molto alpinistico per identificare il punto da cui un meraviglioso dente di roccia rossa emerge dalla neve, troviamo un gruppetto di italiani che si è portato fin quassù un paio di tendine. Ci dicono che purtroppo non han dormito granchè, il vento ha soffiato incessante e come in un tubo dalla forma conica arrivava sulle tende ad un velocità insopportabile. Ora una leggera brezza ci accompagna ai primi raggi di sole. Da qui si vede molto bene tutta la cresta che percorreremo fino in vetta all'Aiguille de Rochefort. Il percorso è evidente ed è impossibile sbagliare.
Percorriamo la cresta nevosa facendo attenzione a mettere uno scarpone davanti all'altro e a non incespicare. La traccia nella neve ci fa passare a volte a destra, a volte a sinistra della cresta vera e propria; ad un tratto una piccola isola si apre davanti a noi, ci fermiamo per alcune foto. La cima è ormai vicina e dietro di noi il massiccio del Bianco si espone in una veste indescrivibile, la bianca coltre di neve e ghiaccio ricopre le rocce poco pendenti, mentre tutte le guglie rosse sembrano sostenere un mantello color cobalto che avvolge con dolcezza la cima più alta.
Ripartiamo e subito davanti a noi due scalini ci portano sul filo, come sulla lama di un rasoio. Non c'è possibilità di appoggiare la picozza nè a destra nè a sinistra siamo completamente liberi in aria, ai nostri lati la montagna precipita per circa 2 chilometri e mezzo sia sul versante francese che su quello italiano. Sono pochi metri da percorrere, ma sufficienti per far salire il tasso di adrenalina a livelli altissimi.
Prima dell'ultima parte rocciosa uno scivolo di ghiaccio da superare in discesa crea un piccolo collo di bottiglia, le cordate lentamente si avvicinano alla cima ed infine anche noi, dopo circa 3h possiamo stringerci la mano in vetta e fare le dovute (e meritate foto).
Il ritorno prevede di ripercorrere lo stesso itinerario al contrario. Tutto fila via senza particolari problemi tranne che sullo scivolo, dove ad Andrea si stacca un rampone. Fortunatamente non lo perde, ma è costretto a fare le poche decine di metri in salita con un rampone solo causa l'impossibilità di rimontarlo su un pendio a 40°. In cima allo scivolo dobbiamo fermarci diversi minuti per dar modo ad Andrea di recuperare lo sforzo.
Dopo circa due ore siamo alla tenda che smontiamo e ci carichiamo sulle spalle per l'ultimo tratto fino alla funivia.
Prima di scendere a Courmayeur chiedo al gestore alcune informazioni su una via di ghiaccio che porta direttamente in cima al Monte Bianco, lo Sperone della Brenva. Le poche parole mi fanno salire brividi freddi lungo la schiena, proprio due giorni fa il Soccorso ha dovuto recuperare il corpo di un alpinista caduto nel tentivo di risalire proprio quella magnifica via. Mi sa che anche per quest'anno la montagna non vorrà nessun altro oltre ai quattro che all'inzio di giugno sono riusciti a salire.
Dall'auto salutiamo la nostra amica e ci sdraiamo all'ombra di alcune bellissimi abeti, cullati dal rumore del torrente che scende dal ghiacciaio con in mano una rinfrescante bottiglia di birra.
Fabio Fabrizio
NOTE TECNICHE:
Punto di partenza: rifugio Torino 3300mt
Vetta: Aiguille de Rochefort 4001mt
Difficoltà complessiva: AD
Su roccia: III+
Su ghiaccio: 40°
Dislivello: 700mt
Primi salitori: Ettore Allegra, Laurent Croux, Pierre Dayné e Alexis Brocherel il 18 Luglio 1900.
Ripetitori: Andrea Martinelli e Fabrizio Fabio (A.I.) il 17 Luglio 2005.
Materiale occorrente: da alta montagna, una corda da 50mt, un chiodo da ghiaccio, diversi cordini e qualche friend medio per sicurezza.
N.B. Tutte le foto sono di Andrea Martinelli
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